Coworking: cos’è, come realizzarlo e finanziarlo

Multiethnic People with Startup Business Talking in a Cafe

 

Coworking: un’idea vincente. Si pensava fosse una meteora, un fenomeno passeggero come tanti: invece, in pochi anni, ci si è resi conto che è una realtà su cui il prossimo futuro ha puntato aspettative importanti. Parliamo del coworking, nato nel 2005 da un’idea di un programmatore informatico californiano, Brad Neuberg. È stato lui a creare il “San Francisco Coworking Space”, sostanzialmente un locale arredato con mobili Ikea per condividere con altri professionisti locali, connessioni e servizi. La soluzione perfetta per professionisti freelance che non potevano permettersi un posto di lavoro proprio, e in alcuni casi una vera opportunità di business. Lo spazio di coworking è riuscito, in poco tempo, a trasformarsi in un luogo di incontro, un posto per creare sinergie e fare networking.

Il perché del successo. Da allora si è assistito al boom. Non solo negli Stati Uniti, ma anche in Italia, dove i numeri iniziano a essere interessanti: 40 realtà di coworking solo a Milano, oltre 200 in tutta Italia se si considerano anche esperimenti più soft e meno strutturati. Il perché di tutto questo successo è presto detto: si tratta di un’attività socialmente utile e produttiva, capace di dare reddito a chi la avvia e di favorire la nascita di nuove imprese, creando lavoro e benessere. Ma quello che più alletta è la possibilità che offre di stabilire nuovi contatti, superando l’isolamento che è tipico del lavoro da casa.

Come e dove aprire. Per quanto riguarda gli aspetti pratici, non ci sono grossi ostacoli per l’apertura di una attività di questo genere, a cominciare dal luogo: centro cittadino, periferia, accanto a poli produttivi, laboratori artigianali, sono tutte location adeguate, purché raggiungibili con strade e mezzi e tenendo bene a mente la tipologia di investimenti e articolazione del business che si intende porre in atto. Occorre capire quali sono le necessità sociali della zona alle quali rispondere con spazi adeguati e servizi aggiuntivi. È chiaro che la collocazione nel centro storico aumenta i costi ma è vero anche che con un po’ di lungimiranza è possibile trovare delle alternative: oggi, infatti, molte amministrazioni pubbliche o enti, come i comuni, danno in uso gratuito o a canoni ridotti spazi pubblici, immobili da rimettere in uso, per fermare il degrado cittadino, purché si presenti un’idea di impresa sostenibile e di utilità sociale. Se a questo si aggiunge la possibilità di avere finanziamenti a fondo perduto o agevolazioni tramite bandi per le spese di allestimento, arredamento e tutoraggio, ecco che un coworking si può avviare con investimenti minimi. Sicuramente è importante puntare molto sugli spazi che devono essere funzionali e confortevoli. Importanti l’uso del colore, di frasi e decorazioni, che motivino e incoraggino. L’investimento iniziale per i mobili, tra scrivanie, sedute e tavoli si aggira intorno ai 20mila-30mila euro. Poi, strumenti di lavoro a norma, spendendo 10mila euro circa: qualche pc di cortesia (i clienti si portano i propri, che lasciano sulla postazione, se la occupano per alcuni giorni, o in deposito in appositi box chiusi), stampanti in rete, che si utilizzano pagando a consumo o forfait, monitor, impianti per audio e videoconferenze. Infine dagli 8 ai 10mila euro per gli impianti: fili elettrici, che non devono intralciare, connessione in fibra ottica, potenziamento del Wi-Fi con apposito router.

Un po’ di burocrazia. Poca e relativamente semplice la burocrazia da sbrigare per avviare l’attività:

  • Comunicazione Unica per la nascita dell’impresa, presso la Camera di Commercio;
  • segnalazione di inizio attività al Comune (Scia);
  • iscrizione al Registro delle Imprese;
  • apertura Partita Iva e adempimenti fiscali;
  • iscrizione Inail;
  • autorizzazione per l’installazione di insegne e cartelli stradali;
  • valutazione del rischio e agibilità dei locali.

Norme rigide a livello locale sono previste per gli spazi per l’infanzia, anche se in certi comuni il progetto può essere riconosciuto come sperimentale. In caso di grandi spazi, serve un’autorizzazione dei vigili.

Ora non resta che una cosa da fare: riempire di gente lo spazio fisico. Studiare e promuovere eventi sul territorio, collaborare con reti sociali, creare un sito, lavorare sul profilo social. La rete di contatti migliora l’autorevolezza e dà un’immagine di affidabilità.

Farsi aiutare. Chiaramente, almeno nella fase iniziale, è opportuno farsi aiutare da consulenti esperti, in grado di guidare il coworker nell’avvio e nella promozione dell’attività e nell’intercettare fondi che possano contribuire al suo sviluppo: da questo punto di vista, il sostegno, soprattutto a livello nazionale, non manca; basti pensare al bando Nuove imprese a tasso zero 2016 di Invitalia che prevede la concessione di incentivi per donne e giovani a sostegno dell’avvio di nuove attività imprenditoriali o al bando Smart&Start che finanzia progetti imprenditoriali a carattere innovativo avviati dalle start-up del Mezzogiorno.


 

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