L’ULTIMO SALUTO AD ALDA MERINI

Che dire !!! Alda Merini era la più  importante  poetessa vivente rimasta. Le sue parole mi hanno commosso, mi hanno fatto sognare, innamorare… odiare. Molto anni della sua vita gli vissuti qui, a Taranto, il periodo della sua degenza, della sua rinascita artistica. L’esperienza del manicomio (dapprima subita e poi cercata al fine di «sperimentarla consapevolmente») si è tradotta in uno straordinario e impietoso scavo esistenziale, una sorta di autodisciplina Zen. Nelle sue parole il malato di mente diviene una sorta di dostoevskijano «folle di Dio», patisce «persecuzioni innominabili, ha un po’ il ruolo del santo nella società attuale, nel senso che si presume che egli, rarefatto dalla propria follia, non soffra come tutti gli altri». E ancora: «La psichiatria mi vuole distruggere, vuole distruggere il corpo dell’eros, e l’eros ha le ali magnifiche della mantide religiosa». La sua opera si traduce così in una schietta e aguzza indagine sociale, un punto d’osservazione dolorosamente privilegiato per attraversare con lo sguardo il mondo dei sani e quello dei barboni dei Navigli, la regola e la trasgressione, la norma e l’eversione esistenziale.

Vorrei ricordarla in un suo verso. In una sua poesia. Che lega bene in questo Spazio. Fatto di sconfitte e di conquiste, per dare voce ad un solo coro… quello dei GIOVANI.

AI GIOVANI

(di Alda Merini)

Bella ridente e giovane
con il tuo ventre scoperto,
e una medaglia d’oro
sull’ombelico,
mi dici che fai l’amore ogni giorno
e sei felice e io penso che il tuo ventre
è vergine mentre il mio
è un groviglio di vipere
che voi chiamate poesia
ed è soltanto tutto l’amore
che non ho avuto
vedendoti io ho maledetto
la sorte di essere un poeta.
Addio Alda

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