LA PROFESSORESSA DI TARANTO CHE DA PRECARIA VA IN PENSIONE

Parlano di precariato negli utlimi anni. Come se i precari fossero nati con la crisi. Prima di questa, era tutto idilliaco e fabiesco…. Ed invece non è cosi. C’è chi ha fatto della precarietà una sua scelta di vita. Una ragione sociale. Un trampolino per la sopravvivenza... Mi ha colpito molto  la storia, raccontata dal Corriere della Sera, di  Lucia Longo, l’eterna professoressa precaria, tarantina di nascita,  che insegna  in un liceo di Laterza,  facendo cosi, appena 120 chilometri al giorno per prestare il proprio servizio.La professoressa Lucia, è l’esempio lampante della stigmatizzazione della meritocrazia del Sud Italia, simbolo incontrastato del malessere lavorativo dell’Italia del dopoguerra. Tante le tappe scolastiche della professoressa tarantina, che  negli anni hanno portato il suo insegnamento a  Grottaglie, Mottola, Massafra, Crispiano e altri comuni dello ionio.

A 61 anni compiuti, la professoressa  va in pensione dopo averne trascorsi 29 in cattedra, ma senza aver vissuto un giorno da insegnante di ruolo.  Lucia  Longo rappresenta  il simbolo della precarietà, un esempio per tutti i giovani che si apprestano ad entrare nel limbo del “sistema lavoro” con la speranza di vedere la luce della sicureza economica il più presto possibile.

Non mi colpiscono i 29 anni da “nomade”, che la professoressa ha dovuto affrontare, quanto piuttosto il rancore delle sue scelte sbagliate, che l’hanno costretta a vivere sempre dietro una graduatoria taroccata, che non avrebbe mai scalato, non essendo tesserata ad alcun partito e non avendo dato lustro alle scarpe di qualche uomo o qualche donne d’alto rango, che in cambio di accortezze…. gli avrebbe potuto regalare un “posto fisso”.

Ha vissuto una vita di umiliazioni. La professoressa è stata sorpassata dai “raccomandati”, i figli meschini di una società malata…

Questo è ciò che accade alla prfessoressa del Sud nel 1990 :

Tratto dall’ articolo Corriere della Sera del 20 gennaio 2010 di   Marco Imarisio


Arriva il grande concorso del 1990 per le Scuole superiori, e la prof. è in prima fila. Supera gli scritti. Deve attendere fino al 1993 per l’orale. Pochi giorni prima dell’esame suo marito muore in un incidente stradale. Lucia non se la sente. Rinuncia. Torna a vivere a Taranto, si reiscrive nella graduatoria, partendo dall’ultimo posto. Nel 1995 ci prova con le Scuole primarie. Entra nei primi 8 del concorso. Vittoria? Macché. Il Provveditorato di Taranto la depenna dall’elenco. L’età massima per le nuove maestre è di 40 anni. Lei ne ha 43, sommando figlia a carico e famiglia il suo coefficiente si ferma a 40.3, fuori di un’inezia. Dopo 4 anni Lucia è ai primi posti della graduatoria per le Superiori. Ma di nuovi concorsi nemmeno l’ombra. L’entrata dalla porta di servizio si chiama «abilitazione riservata », corso di tre mesi per chi ha più di tre anni di servizio. È l’antenato delle Scuole di specializzazione per l’insegnamento volute da Letizia Moratti. Che importa se la frequenza quotidiana dei corsi e l’insegnamento lontano da casa le impediscono di partecipare al «concorsone» del 2000: tanto si va sul sicuro, le dicono al Provveditorato. Seguendo il miraggio, si «abilita» in inglese e francese, sia alle Superiori che alle Medie. «Questa volta è fatta» pensa. Errore. All’ultimo momento il corso è stato aperto anche ai titolari di cattedra desiderosi di «riconversione professionale», questa la definizione usata dal decreto di quell’anno. Nell’ingranaggio ci resta impigliata lei, Lucia. Scavalcata dai professori di ruolo delle Medie intenzionati a passare alle Superiori, che non vengono rimpiazzati. L’ultima chiamata è il decreto Fioroni del 2007. Promette 60.000 assunzioni, saranno molte meno. Lombardia, Campania e Sicilia fanno una scorpacciata di cattedre, alla Puglia le immissioni dalle «Graduatorie ad esaurimento» sono assegnate con parsimonia. Lucia rientra nei primi 12, è settima. Ma gli ultimi 6 posti disponibili vengono dati ai «riservisti». Sono i precari che chiedono l’inserimento in una provincia diversa da quella di residenza usufruendo della legge 104 sui disabili. E in Puglia pare ce ne siano parecchi. Lucia fa causa, vergognandosi perché si tratta di una guerra tra poveri. Perde. Questi ultimi mesi di insegnamento sono la sua linea d’ombra. Li racconta con il rimpianto dovuto alle cose amate che si stanno perdendo. «Ero un’insegnante vecchio stampo, severa, ma dialogante, come si usa dire. La scuola mi mancherà. Ma a forza di aspettare, ti accorgi che è passata una vita intera ». ”

Cerco di vivere la mia vita, senza speranze e senza false attese.  Corro. Corro a piedi e scalzo. A terra ci sono chiodi. Ti fai male. Tutti si fanno male. La strada non è sempre facile.

Ecco perchè io porto sul cazzo quelli che hanno le scarpe…. ed ancora di più….. quelli che non c’è le hanno ma le lustrano ai loro amici….

…BUONA PASSEGGIATA A TUTTI…