Una riflessione sui dati del Rapporto Doing Business in Italy 2013

“Non mi scoraggio perché ogni tentativo sbagliato scartato è un altro passo avanti.” Queste sono le parole di Thomas Edison, considerato uno dei più prolifici imprenditori del suo tempo, avendo ottenuto il record di oltre un migliaio di brevetti a suo nome. Eppure sono passati 81 anni dalla sua morte, ma fare impresa diventa sempre più difficile e scoraggiante, soprattutto se si è in Italia, ed in particolare nel Mezzogiorno.

Fanno riflettere i dati emersi dall’ultimo rapporto  “Doing Business in Italy 2013, realizzato dalla World Bank  in collaborazione con l’International Finance Corporation (Ifc) e disponibile on line sul sito internet del Governo Italiano, secondo cui il nostro Paese è soltanto al 73esimo posto tra i paesi di tutto il mondo dove è più facile fare impresa, con un incremento di appena due posizioni rispetto all’anno scorso. In pratica salire sul podio sarebbe significato eguagliare paesi come Singapore, Hong Kong e Stati Uniti, ma ovviamente la strada è ancora molto lontana.  Il rapporto è stato realizzato mettendo a confronto gli ordinamenti d’impresa di 13 città italiane (Bari, Bologna, Cagliari, Campobasso, Catanzaro, L’Aquila, Milano, Napoli, Padova, Palermo, Potenza, Roma e Torino) e 7 porti (Cagliari, Catania, Genova, Gioia Tauro, Napoli, Taranto e Trieste). La Puglia quindi è presente con due autorevoli realtà provinciali.

Lo stesso rapporto parla in questi termini, definendo le piccole e microimprese, “ la spina dorsale dell’economia italiana”, di cui il 99% di queste  ha meno di 50 dipendenti e nel complesso impiega oltre 13 milioni di addetti. Sono 5 le aree tematiche esaminate dal rapporto che focalizzano gli elementi vitali delle PMI: avvio d’impresa – ottenimento dei permessi edilizi – trasferimento di proprietà immobiliare – risoluzione di dispute commerciali –  commercio transfrontaliero marittimo.

Il report analizza in maniera dettagliata i regolamenti locali evidenziando una difformità normativa e burocratica, che porta i singoli imprenditori a doversi confrontare con norme e prassi amministrative diverse secondo il luogo dove è ubicata l’attività imprenditoriale.

Nonostante tutto, lo studio condotto dalla World Bank  ha rilevato come avviare’un attività imprenditoriale nel nostro paese sta diventando decisamente più rapido, ma che tuttavia,  il vero problema sono i costi elevati, decisamente superiori alla media europea.

Sono state poco incisive, quindi, le misure adottate dall’attuale Governo Monti come per esempio i decreti  “Salva Italia”, “Cresci Italia”, “Semplifica Italia” che avevano come obiettivo principale ridurre drasticamente le debolezze strutturali italiane e creare un ambiente più favorevole per l’imprenditoria giovanile.  Dati certamente positivi giungono dal settore del commercio transfrontaliero marittimo, stilando una classifica dei principali porti italiani. Sale sul podio il porto di Genova, considerato uno tra i porti che gestiscono volumi di carico consistenti, grazie a snelle procedure di esportazione. Fa molto bene Catania considerata  tra i porti specializzati nel trasbordare le merci da nave a nave grazie all’utilizzo della tecnologia che rende efficienti le operazioni di movimentazione. Taranto si pone al secondo posto ed è considerata di grande rilevanza tra i porti di transshipment  e  top performer per le esportazioni, mentre la maglia nera spetta ai porti di  Napoli e Gioia Tauro

Insomma, che dire, siamo ancora lontani dal fondare una Silicon Valley dello Stivale ! Non credete ?

 

Maurizio Maraglino